venerdì 11 settembre 2009

09.8. L’Umanesimo

È in questo periodo che esplode la civiltà rinascimentale e si afferma quella nuova mentalità, che passerà alla storia col nome di Umanesimo e che capovolgerà il modo di pensare medievale. Come origine e come conseguenza di questo cambiamento c’è l’affermazione della borghesia, grazie alla quale diviene evidente che, grazie al lavoro e lo studio, chiunque può migliorare le proprie condizioni di vita e che non c’è alcun ruolo sociale predeterminato alla nascita per volere di Dio. Così, mentre nell’alto medioevo si riteneva che ciascuno avesse un posto fisso nella società, stabilito per legge divina, con l’umanesimo si comincia a rivolgere lo sguardo verso l’individuo, le sue potenzialità e le sue responsabilità, ed è questa la novità di maggior rilievo. Lì l’individuo rimaneva sovrastato e nascosto in un ordine cosmico che culminava in Dio, qui l’individuo rappresenta il principale protagonista della storia, l’artefice del proprio destino, il centro e la misura di tutte le cose. L’umanista interpreta la fede in maniera intima e personale e rimane aperto alla tolleranza religiosa, contesta le affermazioni incomprensibili, o che vengono imposte dall’alto, e crede che debba essere il singolo uomo a ricercare la verità. Lo stesso Erasmo, benché sia sacerdote, attribuisce ai sacramenti un posto di secondo piano ed è contrario ad una religiosità dogmatica. È come se l’uomo cominciasse a vedere il mondo con occhi nuovi o da una nuova prospettiva, che lo spingono a tentare strade nuove, ad elevarsi ed esaltarsi in cerca di gloria e ricchezza.
L’accresciuta fiducia in se stessi fa sì che aumenta il numero di coloro che appaiono disposti ad indebitarsi pur di finanziare un proprio progetto, che può essere della più disparata tipologia, come l’apertura di una bottega artigiana, l’avviamento di un’attività commerciale e perfino l’armamento di una soldatesca o di una piccola flotta a scopi di pirateria. Sale, di conseguenza, la domanda di prestiti e, con essa, si va affermando la figura dell’usuraio e del banchiere, di quanti cioè lavorano facendo circolare danaro. Inizia così quella competizione fra individui, che fa numerose vittime, ma riesce a portare qualcuno alle stelle. Vi sono dei navigatori, che scoprono e conquistano nuove terre, dei pirati che incamerano sostanziosi bottini di guerra, dei commercianti che guadagnano patrimoni ragguardevoli e dei banchieri così facoltosi da poter finanziare le politiche di molti sovrani e pontefici. Alcuni di questi nuovi ricchi conquistano posti di potere e si elevano socialmente tanto da ottenere la concessione di titoli nobiliari.
Ritenendo il medioevo una fase storica primitiva e barbarica e un periodo da dimenticare, gli umanisti lo saltano a piè pari e ripartono dai classici greci e latini, nella convinzione che essi rappresentino il massimo livello culturale raggiunto dall’uomo. Nasce così la prima civiltà propriamente moderna, basata cioè non più su una visione religiosa della società, bensì su princìpi essenzialmente secolari e laici. In definitiva, l’umanesimo aspira ad essere la storia di individui, di uomini, di persone compiute e autonome, che costruiscono il proprio progetto di vita in piena libertà e responsabilità, anche se nella realtà esso rimarrà circoscritto ad una ristretta elite intellettuale e non diverrà mai un progetto politico compiuto e attuato. È su questo “individualismo”, per quanto limitato, che l’Europa costruisce il suo primato nel mondo (MOUSNIER 1953: 3-6).
Nell’animato dibattito rinascimentale sulle diverse forme di governo, la maggioranza dei consensi continua ad andare in direzione dell’impero universale e della monarchia assoluta, anche se non mancano segnali a favore della monarchia parlamentare, della repubblica e perfino di una qualche forma limitata di democrazia, come quella censitaria, nella convinzione che il sovrano da solo non è garanzia di buon governo e che può ben governare solo chi è adeguatamente preparato allo scopo. La democrazia popolare diretta occupa l’ultimo posto nelle preferenze, essendo opinione comune che il popolo sia intrinsecamente incapace di ben autogovernarsi e che, pertanto, ci sia bisogno della guida di una figura, cui delegare tutti i poteri.

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