venerdì 11 settembre 2009

09.4. Capitani di Ventura

Abbiamo già osservato che nobili e feudatari siano soliti lasciare in eredità i propri beni al primogenito, allo scopo di non frammentare il patrimonio di famiglia, mentre, per i figli cadetti, sono previste soluzioni consolatorie di ripiego, che non sempre però risultano appaganti. Perciò, molti giovani membri di nobile stirpe vengono attratti dalla carriera militare. Chi si distingue nel campo di battaglia ha l’opportunità di conquistare potere e ricchezze e, perfino, di fondare una nuova dinastia.
La figura del capitano di ventura nasce in un’epoca in cui i vari signori italici sono soliti servirsi, per le proprie necessità, di truppe mercenarie che, inizialmente, provengono dalla Germania e sono guidate da un condottiero tedesco. I giovani rampolli italici dapprima si arruolano in una di queste masnade, poi qualcuno decide di mettersi in proprio, diventando egli stesso capitano o condottiero. Il capitano è come un libero imprenditore, che si vende al migliore offerente. Egli sceglie i suoi uomini e offre loro una paga, patteggia il suo ingaggio con qualche signore e firma un contratto, chiamato “condotta” (da qui il nome di condottiero). In mancanza di valide offerte, il capitano di ventura, dovendo comunque pagare i suoi soldati, non esita a ricorrere a razzie e rapine.
Se numerosi sono gli aspiranti alla gloria, solo pochi riescono veramente ad emergere e ad affermarsi come personaggi di prima grandezza: i più si devono accontentare di ruoli marginali e di poco conto, benché sufficientemente remunerativi sotto il profilo economico. In ogni caso, tranne rare eccezioni, i capitani di ventura sono molto ricchi, e non solo in denaro. A volte, quando il signore committente non è in grado di pagarli, li compensa offrendo loro una parte del territorio: si realizza così una vera e propria «rifeudalizzazione della penisola». In questa sede ci limitiamo a menzionarne alcuni (tratti da RENDINA 2004).
Ruggiero da Flor (1268-1305), Il padre aveva prestato servizio alla corte degli Svevi, prima come falconiere e poi come soldato, trovando la morte in battaglia. La famiglia aveva raggiunto una certa agiatezza, ma gli angioini l’avevano depredata di ogni bene. Così Ruggiero prende una grave decisione e, a soli 10 anni, riesce a farsi accettare in una galera di Templari. A 15 anni è il più valente mozzo della ciurma. A 25 anni riesce a sottrarre l’oro dei Templari e con esso acquista alcune galee, con le quali si mette al servizio di vari signori, distinguendosi in diverse imprese militari e non disdegnando di impegnarsi in azioni piratesche. Ruggero si dimostra particolarmente abile nel tenere coesa un’accozzaglia eterogenea di uomini di ogni risma, ai quali, oltre ad assicurare una paga, infonde la certezza che il loro impegno sarebbe stato ricompensato con gratifiche adeguate (FREDIANI 2005: 620). Divenuto ricco e potente, riesce a sposare una principessa e tutto lascia pensare che possa fondare un proprio regno quando viene ucciso.
Castruccio Castracani (1281-1328), È un trovatello. Intrapresa la carriera militare e messosi al servizio di Ludovico il Bavaro, viene da questi ricompensato con titolo di duca di Lucca, Pistoia, Volterra e Lunigiana.
Muzio Attendolo Sforza (1369-1424), Figlio di contadini romagnoli, è il fondatore della dinastia degli Sforza. Ottenuta la prima condotta dai Perugini (1398), passa poi al servizio da un signore all’altro, finché il re di Napoli, Ladislao, lo nomina gran conestabile del regno.
Uno dei suoi figli, Francesco Sforza (1401-66) combatte prima al servizio dei Visconti contro i Veneziani, poi dei Veneziani contro i Visconti. Dopo aver sposato Bianca Maria, figlia di Filippo Maria Visconti, viene acclamato signore e duca di Milano.
Il Carmagnola (1382-1432), Figlio di un contadino, Francesco Bussone, che prenderà il soprannome dal luogo di nascita (Carmagnola, un borgo del Torinese), dopo aver fatto il mandriano e il pastore, decide di arruolarsi come mercenario e riesce a distinguersi, a tal punto che Filippo Maria Visconti gli dà in sposa una sua parente, elevandolo al rango nobiliare. Da bovaro a conte, questa la travolgente carriera del Carmagnola, che si arresta quando i veneziani lo catturano e lo mettono a morte per decapitazione.
Il Gattamelata (1370-1443), Un altro condottiero di umili origini, nato da un fornaio ed elevatosi fino ad entrare a far parte della cerchia aristocratica di Venezia.
Il Medeghino (1495-1555), Questo è in soprannome (significa “piccolo medico”) di Gian Giacomo Medici, primogenito di una povera famiglia milanese. Entrato giovanissimo in una squadra di briganti, partecipa ad azioni di violenza, rapina e saccheggio e, dopo essersi così arricchito, si mette al servizio di Francesco II Sforza, così che, da masnadiero, diventa capitano di ventura. Non rinnega, tuttavia, la sua vecchia vocazione di bandito e continua ad impegnarsi in azioni di razzie, omicidi e rapimenti a scopo di estorsione. Francesco Sforza gli fa una promessa: se riesce a impadronirsi della Valsassina, del lago di Como e di Chiavenna, ne riceverà il titolo di governatore. Il Meneghino non riuscirà nell’impresa, ma otterrà comunque il marchesato di Marignano e, come marchese, passerà al servizio dell’imperatore Carlo V. Nominato viceré di Boemia, il suo passato di brigante-signorotto viene dimenticato. Quando muore riceve un solenne funerale e viene sepolto con grandi onori.
I Doria, Famiglia povera, ai margini del potere, che riesce ad emergere grazie alle gesta venturiere di Andrea (1466-1560).

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