venerdì 11 settembre 2009

27. Gli americani

Fino al XV secolo, le genti che calpestano il suolo del Continente americano vivono in condizione di pressoché totale isolamento dal resto del mondo, e questa particolare condizione è alla base di una evoluzione culturale “parallela”, che, nel momento in cui i due mondi si incontreranno, risulterà meno avanzata e dovrà soccombere. Se ora consideriamo il livello culturale delle popolazioni americane, che esso varia sensibilmente a seconda del luogo. In particolare, solo nel Mesoamerica e Sudamerica vengono fondate città e regni, mentre nel Nordamerica gli uomini continuano a vivere ragguppati in tribù nomadi. Le principali civiltà americane, per lo meno, le più recenti al momento dell’arrivo degli Europei, sono quelle dei Maya, degli Aztechi e degli incas.

27.1. I maya
I maya si organizzano in città-stato, che sono rette da una monarchia assoluta ed ereditaria. Intorno al 300 d.C. costituiscono l’Antico Impero, che tramonta dopo sei secoli ed è seguito dal Nuovo Impero, la cui capitale, Mayapán, viene fondata nello Yucatan (987). Il re di Mayapán controlla le altre città, che affida a suoi governatori. L’ordinamento politico dell’impero maya somiglia ad una “teocrazia feudale” (HAGEN 2006: 10). L’economia è essenzialmente agricola ed è fondata sulla coltivazione del mais, ma si coltivano anche fagioli, zucche, patate, cotone, cedri, e altro. In caso di siccità, i maya offrono sacrifici umani agli dèi per implorare la pioggia. La terra è proprietà comune del clan, che la distribuisce alle singole famiglie, che la coltivano e che sono tenute a cedere una parte del raccolto al re. Quando non lavorano nei campi, i contadini vengono impiegati nella costruzione di templi, edifici e strade. Non disponendo di animali da soma, i maya devono trasportare le merci a spalla. Il commercio è una professione onorata.
I maya vivono in uno stato di guerra permanente. Le armi in uso sono la lancia, le frecce con punta di ossidiana, il coltello di selce, la spada con la lama di ossidiana e la fionda. Non combattono di notte. Se il capo muore, la guerra ha termine. I prigionieri di guerra vengono resi schiavi: i più valorosi vengono destinati ai sacrifici, gli altri vengono destinati ai lavori più umili. L’intera vita maya è orientata alla religione e ai suoi riti. La stessa architettura è ad uso esclusivo della religione. Il gran sacerdote ha un potere immenso e la sua carica è ereditaria. Egli si serve di specifici funzionari, come il chilan, che è specializzato nel cogliere e interpretare la volontà divina.
I maya creano una cultura autoctona relativamente evoluta. Inventano autonomamente una scrittura geroglifica molto complessa, di cui lasciano pochissime testimonianze, e usano un calendario solare di 365 giorni, diviso in 18 mesi di 20 giorni. La loro aritmetica è fondata su un sistema vigesimale, che comprende lo zero. Conoscono la ruota, ma la usano solo nei giocattoli dei bambini. Lo stesso vale per i metalli: i maya conoscono il rame e l’oro, ma se ne servono solo come ornamenti. I principali crimini riconosciuti sono il furto, l’omicidio, l’adulterio e la lesa maestà, che vengono puniti con pene della stessa natura. Quando arrivano gli spagnoli, i maya stanno attraversando un periodo di decadenza. Nel 1540 vengono sottomessi.

27.2. Gli aztechi
Gli aztechi sono tribù nomadi che provengono da nord e si insediano nell’attuale Messico intorno all’XI secolo d.C. e devono combattere contro altre popolazioni (toltechi, chichimechi) prima di fondare il loro impero, nel XIV secolo, che, come quello maya, è organizzato in città-stato. Sono un popolo guerriero, che presenta un ordinamento sociale con tratti democratici: la maggior parte delle decisioni vengono prese a votazione popolare, dopo aver consultato l’assemblea dei capiclan. Gli aztechi adorano un dio amante di sacrifici umani di ampie proporzioni e praticano una guerra di rapina permanente, che è preceduta da avanguardie informative costituite da commercianti. La guerra ha anche una motivazione di natura religiosa, che è quella di catturare esseri umani da sacrificare, oltre che di riscuotere tributi. Le popolazioni vinte sono spogliate di ogni bene e sottoposte ad un regime di terrore e saccheggio.
Gli aztechi praticano l’agricoltura: coltivano mais, fagioli e patate. La terra appartiene alla comunità del clan, non all’individuo: se il contadino muore e non ha eredi, la terra da lui coltivata ritorna al clan, che ne è legittimo proprietario. Gli aztechi non conoscono il denaro, né la ruota, né animali da soma, ma conoscono la carta, che è ricavata dalla corteccia del Ficus, e una scrittura ideografica, adatta per funzioni amministrative e libri contabili, più che per esprimere idee e sentimenti. Adottano un sistema numerico vigesimale, ma privo dello zero. Le imposte vengono pagate sotto forma di beni di consumo o di lavoro. Gli aztechi vengono sottomessi dagli spagnoli nel 1524. “Se gli Aztechi erano sanguinari e avevano compiuto massacri d’individualità umane nella loro conquista […], gli Spagnoli, con il massacro di una civiltà come tale, si mostravano in tema d’umanità criminali ben più pericolosi” (PIÉRON 1969: 135).

27.3. Gli incas
L’ultima civiltà in ordine cronologico, che si afferma nella regione che corrisponde al Perù, è quella inca, che si afferma agli inizi del XIII secolo, al termine di una lotta per l’egemonia fra le diverse tribù che popolano il Sudamerica. Alla fine si impone la tribù degli incas. Sappiamo che essi conquistano rapidamente un grande impero e lo organizzano con molta efficienza, in un modo che ricorda quello dell’Egitto faraonico. Tutto il potere è nelle mani dell’imperatore-dio, che lo trae direttamente dal dio Sole e lo esercita insieme ai suoi parenti, in special modo i figli, che, spesso, si trovano a doversi confrontare in sanguinose lotte per la successione. Il sistema politico che ne risulta è una vera e propria teocrazia.
Gli incas sono organizzati in clan territoriali. La terra appartiene al clan e i singoli la ricevono in affitto e la lavorano traendone il necessario per la sussistenza e versando una parte del raccolto al capoclan. Gli incas calcolano l’estensione di terreno coltivabile sufficiente a nutrire una coppia di sposi senza figli, il tupu. Ad ogni coppia viene assegnato un tupu; un altro tupu viene aggiunto per ogni figlio, mezzo tupu per ogni figlia. L’eccedenza del terreno coltivabile rimane di proprietà dell’imperatore e dei suoi funzionari. A favore dell’imperatore sono tenuti a prestare una quantità di lavoro determinato per anno.
Gli incas non conoscono la moneta, né la scrittura e ignorano il mare. Non hanno nemmeno veicoli a ruota e, in pratica, trasportano tutto a mano o sulla testa, potendo contare solo sull’aiuto del lama, che però può sostenere un carico limitato. Dispongono di un’imponente rete viaria, che è concepita per essere attraversata da lama e pedoni: essa è larga in certi punti, in certi altri stretta e ripida, ed è segnata qua e là da ponti sospesi. Veloci staffette la percorrono, trasportando informazioni da un luogo all’altro.
Gli incas sono anche abili organizzatori ed efficienti esattori di tasse, che riscuotono sotto forma di manodopera e di risorse. La guerra è molto praticata. Ogni contadino inca, quando non lavora la terra, è potenzialmente un soldato. Le sue principali armi sono la mazza con testa litica o bronzea, la lancia di legno con punta indurita al fuoco o metallica, una lunga spada di legno e la fionda; la sua armatura è molto semplice e consiste in una giubba di cotone imbottita, in un elmo e in uno scudo di legno. L’unico esercito permanente è la guardia reale.
Sebbene la religione rivesta un’importanza considerevole, gli incas praticano raramente il sacrificio umano. Organizzati gerarchicamente, gli incas sono assai efficienti e produttivi, ma i loro limiti tecnologici (conoscono il bronzo, ma non il ferro) e la loro mancanza di immunità nei confronti delle malattie infettive portate dagli europei risulteranno fatali. Quando entra in scena Francisco Pizarro col suo piccolo esercito, il 13 maggio del 1532, gli incas sono impegnati in una dura guerra civile, in cui due figli del defunto imperatore, Huazcar e Atahualpa, si contendono il potere, e questo non può che facilitare l’azione di conquista dello spagnolo. Ha la meglio Atahualpa, che fa giustiziare il fratello, divenendo unico imperatore, ma viene catturato da Pizarro e infine ucciso. Il glorioso impero inca si è dissolto.
Gli incas non vengono sconfitti solo dalle armi degli Spagnoli, ma anche da malattie, come vaiolo, morbillo, pertosse, difterite, scarlattina, varicella, malaria e influenza, nei confronti delle quali sono privi di difese immunitarie. Di loro rimangono solo tradizioni orali, che vengono raccolte, in modo peraltro contraddittorio, dai conquistatori.