venerdì 11 settembre 2009

09.7. Guerre e denaro

A partire dalla fine del XV secolo, “la storia parla di eserciti permanenti” (ZELLER 1976: 10) e quindi di guerre fra Stati, fra popoli, fra nazioni che competono per il predominio e l’egemonia. I soli Stati che contano sono quelli che possono contare su un alto potenziale demografico e su grandi ricchezze, sì da potersi permettere un numeroso e potente esercito. Ai soldati che combattono viene prospettata la possibilità di far carriera nell’esercito o, quanto meno, di poter mettere le mani sui beni dei nemici vinti. Per questo, quando si prende d’assalto una città, il saccheggio è la regola e difficilmente si potrebbe mantenere l’obbedienza e la disciplina nelle truppe se si disattende questa loro aspettativa.
Fra le numerose guerre fra Stati, che scoppiano per questioni economiche e di potere, la più lunga è quella che oppone la Francia all’Inghilterra e che passerà alla storia come la guerra dei Cento anni, anche se in realtà si protrarrà, benché non in modo continuato, per un periodo più lungo (1334-1453). I pretesti che danno il via alle ostilità sono l’estinzione della dinastia capetingia e la rivendicazione alla corona di Francia da parte di Edoardo III d’Inghilterra. Il motivo vero è la volontà di questi di imporre la propria egemonia in Europa. Alla fine del conflitto questo tentativo si rivelerà vano e gli inglesi dovranno accettare la realtà di una monarchia francese solida e forte e rinunciare alle loro mire nazionalistiche in Europa rivolgendole verso i mari. Anche gli Stati regionali italiani lottano a lungo l’uno contro l’altro, ma, poiché nessuno riesce a prevalere sugli altri e aleggiando la paura nei confronti di turchi e francesi, si giunge infine alla pace di Lodi (1454), in seguito alla quale l’Italia potrà godere di un quarantennio di tranquillità.

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