venerdì 11 settembre 2009

09.3. Le Signorie in Italia

All’interno dei comuni, la crescente competizione fra le diverse classi sociali induce i cittadini ad abbandonare il progetto democratico e a preferirgli un governo centralizzato e autoritario (LEICHT 1950; SIMEONI 1956). In alcuni casi i cittadini affidano liberamente il potere ad un unico signore, in altri casi tollerano che qualcuno glielo imponga con la forza. Nasce così la Signoria. Essa rappresenta il culmine di una dura lotta per il potere che vede fronteggiarsi le famiglie più ricche e potenti di un comune, che sono orientate a conservare i propri privilegi acquisiti e per nulla disposte a fare concessioni di tipo democratico alle classi popolari e a riconoscere loro diritti politici. Questa lotta per il potere genera disordini sociali di ogni tipo, tali che, alla fine, l’affermazione di una famiglia sulle altre viene, generalmente, salutata con soddisfazione da tutta la cittadinanza, che comincia a pregustare un periodo di relativa quiete. Così avviene, per esempio, a Firenze quando la famiglia dei Medici riesce ad imporsi su quelle degli Albizzi, dei Capponi, dei Pitti e degli Strozzi. Dopo la conquista del potere da parte dei Medici, sarà loro cura, come osserva il Guicciardini, di evitare che le altre famiglie diventino tanto potenti da doverle temere.
Le modalità con cui una signoria si afferma cambiano da caso a caso: talvolta essa deriva dall’affermazione di casati feudali preesistenti, come è il caso degli Estensi a Ferrara o dei Savoia in Piemonte, altre volte rappresenta l’esito della naturale evoluzione in senso borghese degli ordinamenti comunali, come a Firenze con i Medici, a Verona con gli Scaligeri, a Lucca con Castruccio Castracane, a Milano con i Torriani e i Visconti, altre volte ancora è il risultato di un colpo di mano militare operato da un capitano di ventura, come quello di Francesco Sforza a Milano o di Braccio di Montone a Perugia. Rimane il problema della legittimazione a livello internazionale: quando il Signore viene riconosciuto dal papa o dall’imperatore, che gli conferiscono un titolo nobiliare trasmissibile ereditariamente, in quel momento la Signoria si trasforma in Principato.
Esercitando un potere assoluto, i Signori possono agevolmente riportare l’ordine nel proprio territorio e dedicarsi alla politica che sembra a loro più congeniale, in piena libertà. In pratica essi governano badando ai propri interessi e considerando la città come una proprietà privata da abbellire e ingrandire quanto più possibile. Perciò richiamano presso di sé i più grandi artisti e letterati del tempo (mecenatismo), favoriscono l’opera di scienziati e ingegneri, nella convinzione che lo sviluppo della tecnica dia loro dei vantaggi nei confronti degli avversari politici e dei potenziali nemici esterni, si servono di forti eserciti, composti da soldati mercenari, le cosiddette Compagnie di ventura, sia a scopo difensivo, che per attuare politiche espansionistiche, si avvalgono dell’arte per dimostrare la propria grandezza e il proprio prestigio. Così molte città divengono splendide e potenti, anche se nessuna riuscirà a sottomettere le altre e a creare un unico grande Stato italiano.
Questo nuovo assetto politico presenta risvolti, che sono in parte positivi e in parte negativi. L’aspetto positivo è rappresentato dalla riscoperta del genio creativo individuale, che rende possibile quel grandioso rinnovamento culturale, che prenderà il nome di Umanesimo-Rinascimento (vedi oltre). L’aspetto negativo del nuovo corso è l’eclissi della democrazia comunale (SALVATORELLI 1971) e il ritorno ai più tradizionali rapporti di forza, tanto che uno dei maggiori intellettuali del momento, Poggio Bracciolini, può scrivere, intorno al 1450, che le imprese egregie nascono dall’ingiustizia e dalla violenza e che la plebaglia non può aspirare alla libertà. In effetti, durante il Rinascimento “non c’è principe che non abbia fondato il suo potere sulla violenza e sul sangue” (ALTOMONTE 2003: 118).

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